Alla ricerca di Cristoforo Colombo di Darko Macan


(Ovvero perché Stripburek non è affatto buono)

 

Nel mondo dei fumetti c'è un continente in più rispetto alla geografia di tutti i giorni e si chiama Europa dell'Est.

Potreste averne già sentito parlare, magari dal racconto di un marinaio ubriacone che non si è mai ripreso dal viaggio nella terradegliuominigrigisottogieligrigi, oppure da quello di un uomo d'affari che ha girato il mondo in gioventù, vagando per errore su sentieri visibili a stento, che lo hanno condotto verso strane latitudini, sperduto in mezzo a civiltà a metà tra il passato e il presente. O forse quando eravate ancora nella culla e vostra madre vi cantava paurose ninne nanne senza vocali che parlavano di profonde foreste piene di lupi scheletrici, orsi pelosi e pallidi e nudi fumettisti che potevano essere visti solo nelle notti senza luna, con i loro occhi spaventosi e iniettati di sangue che brillano nel buio come cenere di una sigaretta di Dio. Avete sentito parlare dell'Europa dell'Est e avete ucciso questa conoscenza, promettendo in silenzio di non avventurarvi in cammini estranei alle vie prestabilite, optando per la sicurezza.

Ma ora STRIPBUREK è qui.

STRIPBUREK, come il suo padre consanguineo STRIPBURGER, è la vera faccia del continente grigio. Potreste pensare di essere pronti perché avete già incontrato per caso qualche autore dell'Europa dell'Est tra le vostre letture di fumetti. Grzegorz Rosinski, Zoran Janjetov, Edvin Biucov... Sono tutti sbucati fuori dai boschi, ma sono tutti ragazzi per bene, facce lavate e capelli pettinati, che fanno del loro meglio per sorridere ed essere accettati. I ragazzi e le ragazze di STRIPBUREK non sono assolutamente come loro. Non sono sfuggiti per tempo alle grinfie dell'Est – come ha fatto Bilal quando era ancora un bambino, o Gil Kane – ma sono stati costretti a crescere tra cristianità e comunismo, sotto il peso della storia, affrontando un futuro fatalmente ferito. Non arrivano bussando educatamente alla vostra porta, ma scavalcano le vostre siepi, mangiano le vostre gardenie, toccano i vostri fumetti con le loro dita incrostate di letame e guardano il vostro gatto castrato con una fame fuori dal comune.

Sono qui, senza scuse, e stanno veramente mettendo alla prova il vostro da sempre confessato amore per i fumetti. Potreste amarli? Voglio dire, potreste veramente apprezzare questi pesci lessi, ai quali non interessa né essere socievoli né l'igiene personale? Siete pronti ad accettarli, con le loro verruche, croste, cicatrici, germi e chi più ne ha più ne metta?

Siete voi Cristoforo Colombo di cui il continente grigio ha bisogno?

IL VECCHIO...

Nella sua preistoria l'Europa dell'Est aveva anche avuto un buon inizio. Almeno tre dei saggi su questi Paesi che ho letto, mentre ficcanasavo prima (e dopo) il termine di presentazione per questa introduzione, parlavano del lavoro di Wilhem Busch come il seme originario dei nascenti fumetti nelle rispettive nazioni. L'eredità di Busch ha seminato molto altrove – negli Stati Uniti, ad esempio, dando la possibilità a lavori come “Katzenjammer Kids” di Rudolf Dirks di diventare uno dei fumetti più letti per anni – ma non ha mai avuto fortuna qui. Forse il terrno non era abbastanza fertile. Il saggio Estone, vocifera un noto lamento nemo propheta in patria, affermando che il numero di persone interessate a sostenere i fumetti prodotti a livello locale è sempre stato troppo basso, che produce ben poco guadagno per gli artisti, senza interessarsi a quanto esso li renda entusiasti. Ma forse c'è anche un'altra ragione, ovvero la sfortunata posizione dell'Europa dell'Est a livello geopolitico.
Situati nel bel mezzo di vari imperi – Asburgico, Russo e Terzo Reich – questi territori non hanno mai conosciuto la pace durante il XX secolo. Occupati, liberati, rieducati...non erano certo buon posto per lo sviluppo della già fragile industria del fumetto. Ogni nuovo sistema di governo – fascista, comunista o democratico, passava come un bull-dolzer e cancellava i precedenti, lasciando che i fumetti si tirassero fuori da soli dalle rovine. L'esempio croato è quello che mi è più familiare: i fumetti croati sono stati schiacciati prima sotto il peso dell'avvento del comunismo, poi dall'importazione di strisce a basso costo dopo l'apertura verso l'occidente e infine dal crollo dell'economia alla fine degli anni '80, che ha portato con sé guerra e cataclismi di varia specie.
Ma un motivo ricorrente è presente in tutti i saggi che ho letto. O è stato il comunismo a proclamare il fumetto un “prodotto del perverso gusto occidentale” oppure è stato il fumetto stesso a dimostrare di non rientrare nello schema del diventa-ricco-in-fretta, che sembra essere l'unica via per acquisire un capitale nelle nuove democrazie dell'Est degli anni '90. Il fumetto non era né ideologicamente accettabile né commerciabile, cosa si poteva fare?
Beh, si è lottato. Lottato con i denti e le unghie, perdendo una battaglia dopo l'altra e diventando una storia di intrusi nelle proprietà altrui. Ecco, fatemi raccontare un'altra storia perché possiate capire meglio.

Kaja Saudek, il cosiddetto “Re dei fumetti ciechi”, nasce nel 1935 ed ebbe la possibilità di leggersi le storie dei supereroi della Marvel e altri fumetti europei, grazie all'atteggiamento più permissivo del governo durante gli anni '60. A quei tempi optò per i fumetti per adulti, ma lo fece in un modo così occidentale che anche la censura appisolata lo beccò e stroncò molti dei suoi fumetti a metà della loro realizzazione. Imperterrito, iniziò lo stesso a lavorare su un fumetto epico di fantascienza, intitolato Muriel (sceneggiato da Milos Macourek), chiaramente ispirato a Barbarella di Claude Forest. 250 pagine erano ormai pronte, ma arrivarono i carri armati russi, e così venne pubblicato solamente il breve prologo di questa ambiziosa storia.
Incapace di trovare un linguaggio comune con gli editori stranieri, Saudek provò ad adeguarsi a casa sua. La serie storica del nobile rapinatore Lips Tullian venne ancora una volta bandita e così accettò di lavorare a fumetti di propaganda – i 30 casi di Major Zeman – adattamento da una serie televisiva.
Pur facendo il possibile, Saudek si dimostrò di fatto incorreggibile: anche Major Zeman non raggiunse mai il consenso ufficiale. Poco dopo, accade una cosa tipica per l'Europa dell'Est, dato che il sole c'è raramente e solo le nuvole resistono. Il mercato ceco è effettivamente troppo limitato per tutte le riviste che stavano sbucando fuori, e così chiusero i battenti. Kaja Saudek, ovviamente stanco, lasciò i fumetti per l'industria del porno, santuario abituale di tutti quei vecchi fumettisti che non hanno più nessun tipo d'istinto di ribellione, ma solamente mani abili e desiderio di tranquillità.

Nonostante il triste epilogo, la storia di Saudek è tra quelle più allegre, almeno lui ha avuto i suoi bei momenti e ha continuato a lavorare per oltre trent'anni.
Storie come questa, però sono poche e rare. In ogni singolo Paese si ripete la stessa storia: giovani promesse che compaiono, lottano per un paio di anni, e poi scompaiono del tutto. Questa non è una storia isolata per l'est – i fumetti sebbene siano frutto di duro lavoro non sono mai stati pagati quanto le illustrazioni, o rispettate quanto l'animazione (il bulgaro Rumen Petkov, ad esempio, lasciò il suo lavoro fisso da fumettista che andava avanti da 12 anni per lavorare sul cartone animato Johnny Bravo) – ma almeno all'ovest le riviste e gli eroi durano nel tempo, dandoci un'apparente idea di continuità, salute e longevità. Nell'Europa dell'Est, le serie durano per poco e le riviste hanno sempre già superato la loro età dell'oro, ogni nuova iniziativa sembra già abortita in partenza, e intristiscono sempre più i residui lettori con le loro uscite sporadiche (il lituano Bus Dar, come esempio preso a caso dal mucchio, ha pubblicato il primo numero, promesso la luna, per poi sparire con profonda delusione del nostro corrispondente lituano). Le sorprese sono sempre possibili, come la recente resurrezione dopo lunghi decenni di vuoto della venerabile rivista jugoslava Stripoteka, che attualmente avanza scoppiettando felicemente verso il suo millesimo numero, e, ovviamente Stripburger, la sola rivista che abbia illuminato la crepuscolare decade dell'ultimo millennio. Le eccezioni come queste ci riempono di speranza, ma non ci fanno certo dimenticare qual è la regola.

E la regola del giorno sembra essere un'altra invasione straniera. Le edicole dell'Est sono assediate dalle imprese con base scandinava di Egmond e Semic, che inondano il continente grigio di ristampe a quattro colori di fumetto a basso costo della Disney e della Marvel. Contro questa industria della stessa-roba-riproposta orientata verso l'importazione, ci sono solamente pagine in bianco e nero di qualche fanzine, alimentate dai sogni del brutto, sporco e giovane. L'unica vera tradizione dell'est Europa è la mancanza di tradizione, quindi i fumettisti nati nel grigiume si ingobbiscono sulle loro tavole  e devono riscoprire tutto di nuovo.

E l'immagine del giovanotto peloso dagli occhiali spessi rannicchiato in una stanza della casa dei suoi genitori o congelato in qualche cantina affittata, è in poche parole la storia dell'Est Europa. Sempre risorgendo dalle ceneri, sempre lottando contro irrisolvibili disparità, costretti ad imparare solamente dai propri errori.

Condannati ad essere sempre giovani.

...IL NUOVO...

I mezzi di comunicazione moderni sostengono in tutto e per tutto il culto del giovane, sapendo bene chi ha soldi da spendere. Come risultato si tende a dimenticare che i giovani – per quanto magnifici – non sono tutto quello che c'è, e non sono nemmeno il meglio.
Innegabilmente il sangue giovane è benvenuto e nuove prospettive sono indispensabili. Le porte verso nuovi mondi dovrebbero essere aperte cosicché lo spiffero lasci passare l'aria ad ammuffiti autocompiacimenti e sicurezze data da linee, tavole e pagine conosciute. Se fatta bene, una nuova voce – pura incontaminata e idealista – può raccontare una storia vecchissima con abilità e interpretazione tali da renderla ancora nuova. Conosciamo tutti, in quanto profondi conoscitori dei fumetti, l'emozione nell'aprire un libro di un nuovo autore ed essere travolti dalla sua completezza, dalla sua comprensione delle forme e della passionalità del mondo attuale. Succede raramente, ma succede. Accade anche, e questo più spesso, che nelle nuove pagine vediamo solo apparenti giovani promesse. I giovani sono per natura autoreferenziali e faticano a capire come altri non riescano a condividere il fascino verso le loro potenzialità appena sbocciate. Con arroganza innata i giovani chiedono attenzione, esigono cambiamenti, senza puntare verso una direzione, insistono nel voler libertà di parola, pur avendo ben poco da dire. Mentre leggevo Stripburek ho incontrato molte apparenti giovani promesse, ho ascoltato molte richieste, ma ho sentito poche novità.

La mia inclinazione – e a 35 anni sto diventando vecchio per gli standard del mondo del fumetto – la sto già mostrando. Ho già tirato su il mio giardinetto e non mi sento molto a mio agio a guardare queste facce grigie che improvvisamente sbucano da dietro gli alberi o incidono sulle pareti del mio garage imbiancato da poco crudi disegni con i loro coltellini svizzeri rubati. Vorrei farmeli piacere, ma non si lasciano far piacere facilmente.
Nella mia difficoltà, studio però a fondo gli intrusi.
Trovo che il secondo Stripburek non sia altro che ripetizione più che progresso. Certo, ci sono alcuni nomi nuovi (un paio di buoni jugoslavi, un solitario ma interessante rumeno...) e molti stati appaiono per la prima volta (il Kazakistan, per esempio, con una striscia piuttosto curiosa) e questo non è di certo un bene. Le immagini sono forti e gli stili sono molto individuali, e anche questo è un bene. La prevalenza degli stati della Ex-Jugoslavia rispetto a quelli del resto dell'Est Europa (34 su 20 anche lasciando l'unico esponente ungherese – Krstic – all'Ungheria nonostante Kalman Rubovszky sul numero dell'autunno del 2000 del IJOCA abbia detto che Krstic “non ha niente in comune con la tradizione ungherese”) è meno positiva, ma comprensibile, come lo è l'assenza di alcuni lavori più conosciuti (le strisce sul quotidiano dell'Estonia) i cui creatori non hanno sentito un gran bisogno di pubblicare i loro lavori su una rivista in ombra come Stripburek. Come temi le strisce prese in considerazione hanno gli stessi di 4 anni fa – fluttuano tra satira incazzata, facile cinismo, parabole sempliciotte, inesorabili depressioni e vivisezioni di banalità quotidiane. Questi temi, questi approcci non mi disturberebbero, se non fossero presentati con mancanza di umorismo – di per sé sintomo di immaturità.

I giovani non hanno pazienza: vedono il mondo, si inaspriscono per le prospettive che il mondo offre e contrattaccano senza pietà. Per fare questo i giovani non devono vederci niente di buono nel mondo. Il sistema è marcio – deve esserlo! – il governo disonesto, la famiglia debole, le persone delle bestie. Non ricordo che pochi frammenti di decadenza sulle pagine di Stripburek, e pochi personaggi rappresentati come una persona e non come nullità o simboli. Mi ricordo paura, rabbia, desolazione e un mostrare i denti senza umorismo nella cruda parodia della risata.

Nessun tipo di umorismo. Umorismo nero, quello sì. Satira, anche quella, quell'invito a ridere degli altri, nascondendo i propri tratti derisibili dietro la corazza dell'arroganza. Anche assurdità. Ma molto poco umorismo. L'umorismo (con qualche eccezione per alcuni cechi) non fiorisce bene sotto i cieli grigi. Accetto volentieri – per mia inclinazione? – le facce note che stanno con un piede in due staffe, tra la corrente ufficiale e i fumetti alternativi. Tomas Lavric, Daniel Zezelj e il guru serbo dell'underground Aleksandar Zograf, stanno al di sopra della massa – e oso dirlo – proprio per la loro esperienza acquisita con gli anni. I loro fumetti sono chiari, le loro storie hanno dei personaggi, i loro pensieri o insegnamenti sono portati avanti senza sforzi. Anche altre vecchie conoscenze sono riapparse (Milorad Krstic, Igor Baranko) e stranamente non sono stati cambiati dal passare del tempo, come se l'ultimo Stripburek fosse comparso non più tardi di un mesetto fa. Wostok & Grabowski hanno presentato per questa antologia di novità una striscia di 6 anni fa. Se non fosse per alcuni animi coraggiosi – come l'albanese Shpend Bengu che viene dalla “terra che non ha una parola per fumetto” e comunque sgobba in solitudine e migliora – concluderei che anche il  tempo funziona in modo strano nell'Europa dell'Est.

Che anche il tempo si è fermato.

A causa dei rari pezzi di terreno fertile sparsi qua e là anche questo pacchetto di semi che è Stripburek andrà molto probabilmente perduto. I bambini cresceranno, le loro voci verranno fuori rozze, i loro cuori cresceranno freddi e grigi, e lasceranno i giochi per bambini alle spalle. Ci saranno nuovi bambini caricati con la stessa vecchia rabbia e disperazione, gridando le stesse richieste di cambiamento, squarciando con affilate penne lo sconsiderato biancore della carta importata, sperando di aprire un varco verso un mondo migliore. E ci sarà un altro Stripburek, uguale agli altri.

A meno che...

...E TU!

Tu sei Cristoforo Colombo, amico mio, e molto probabilmente sei un uomo migliore di me. Mentre io osservo al sicuro gli intrusi da dietro le tende della mia piscina e incoraggiandoli in silenzio ad andare nel giardino del vicino a violentare il suo bassotto, tu potresti aprire la porta e offrire loro una merendina. Mentre io guardo le strane piante che hanno fatto crescere nel mio giardino fiorito, tenendo una vanga in una mano e un taglia erba nell'altra, tu potresti innaffiarle e controllare che ricevano abbastanza luce del sole.

Potresti incoraggiare un miracolo.

L'Europa dell'Est è un subcontinente sperduto ricco di storia, talento e sofferenza – gli ingredienti perfetti per formare un artista. Ma non è ancora abbastanza. Pochi artisti prosperano tra avversità continue; per maturare hanno bisogno di una gentile doccia di apprezzamenti, di un raggio di successo, del ricco terreno dell'amore. E questo è il motivo per cui Stripburek ha scavalcato la tua siepe. I fumettisti qui radunati vogliono amore, ma sono troppo timidi o orgogliosi per chiederlo. Devi decidere tu, Cristoforo, se uscire, aprirti una birra e accoglierli nel tuo giardino, dentro la tua casa.

Nel tuo cuore.

(E per favore non arrabbiarti troppo se, durante i primi mesi, otturano le tubature alleggerendosi nei posti sbagliati.)

(*)Questo articolo è stato scritto con l'aiuto di una legione di corrispondenti, troppi da citare per nome, senza i quali questa introduzione sarebbe stata molto peggio, anche se più corta.

Le storie e gli articoli dei nostri corrispondenti si possono trovare si Internet.

 

Darko Macan è uno dei maggiori sceneggiatori di fumetto proveniente dall'Est Europa (ha lavorato per la serie a fumetti di Star Wars, ed è tra l'altro vincitore del Premio Eisner).



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